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domenica 1 febbraio 2009

Identità: "ciò che scompare" - "ciò che rimane" - "ciò che riemerge" secondo Franesco Remotti

Categorie d'identità:
  • "ciò che scompare" - dimenticanza (ciò che si lascia andare, svanire nella memoria)
  • "ciò che rimane" - permanenza
  • "ciò che riemerge" - riemergenza - catarsi-trasformazione
(...)Perchè le società non possono fare a meno di continuare a riflettere sui contenuti, sui confini, sulle articolazioni e sulle combinazioni di queste categorie ? Perchè sono tra i fattori più rilevanti della loro identità. Decidendo cosa debba scomparire/rimanere/riemergere, le società decidono di se stesse, del loro essere, della loro specificità. Ma per decidere della loro identità e specificità, esse non possono fare a meno di selezionare "ciò che scompare", "ciò che rimane", "ciò che riemerge". La selezione è una operazione di grande e decisiva importanza sul piano culturale ; e tutte e tre le categorie  analizzate implicano una qualche selezione.(...) 

Francesco Remotti
"Luoghi e Corpi - antropologia dello spazio, del tempo e del potere"
Bollati Boringhieri

Cami: cerco di collocare le mie idee. Spero di riuscirci.
Le due categorie davanti alle quali ci troviamo sono (per me) due:
  1. identità sociale (o collettiva)
  2. identità individuale (o personale)
  • Alla prima si associa il ragionamento di Remotti. Io credo che ciò che maggiormente racconta la nostra società, la nostra identità collettiva ed i suoi termini di selezione siano "gli scarti", ovvero ciò che rimane e che racconta ciò che si nega, ma che non necessariamente è ciò che si dimentica (poichè non necessariamente coincide con ciò che scompare).
  • Alla seconda invece associo il concetto di mito di riferimento. Per me, la maggiore espressione dell'identitità individuale avviene tramite quel concetto dominante che muove i gesti di un singolo individuo nell'arco di tutta la sua vita. Quest'ultimo può essere in pace o in conflitto con l'individuo, maggiormente esso sarà in conflitto e più distante e offuscata sarà la percezione della propria identità. Solo quando si è in accordo con il proprio mito di riferimento la nostra identità appare e si percepisce forte e chiara.
Domanda aperta: Riguardo al nostro lavoro assieme penso che ci troviamo di fronte ad un bivio. Vogliamo occuparci, interrogarci ed infine raccontare l'identità collettiva o l'identità individale? La nostra storia di gruppo di ricerca di cosa si occupa maggiormente? Facciamo teatro per interrogarci sopra di esso, chiederci cosa sia? O facciamo teatro per raccontare un fatto intimo, che racconti attraverso il lavoro d'attore il privato-presente di una persona-circostanza?

Risposta Cami: Nonostante io sia convinta che entrambe vivono nel nostro lavoro ho pensato ad una proposta che parte dall'identità individuale per arrivare all'identità collettiva, partendo dagli "scarti".
Alla prossima

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